Daniele Vicari con Orlando ci ricorda l’importanza del confronto degli affetti. Intervista

Presentato all’ultima edizione del Torino Film Festival, Orlando di Daniele Vicari è una delicata fiaba moderna in cui passato e presente si confrontano e in cui cui si interroga sull’importanza del confronto soprattutto tra le generazioni del passato e le nuove, su come si possa trovare un terreno di dialogo comune un linguaggio che sia comprensibile ad entrambi.

Orlando racconta la storia di un uomo che vive sulle montagne, isolato, silenzioso, che alla soglia dei 75 anni si ritrova a fare il suo primo viaggio all’estero. Non lo fa per desiderio, ma è costretto a lasciare la sua terra e a raggiungere il figlio in Belgio. Quel figlio che è emigrato 20 anni prima e con il quale Orlando non parla più: per lui la partenza del figlio è stata come un tradimento verso la propria terra. In Belgio scoprirà di avere una nipote, si troverà a fare i conti con un paese nuovo, abitudini nuove e un modo di comunicare diverso.

“A 75 anni Orlando si trova a dover ricominciare a vivere, a dover imparare di nuovo ad essere padre, ad essere uomo. Ho voluto raccontare questa storia perché mi sono spesso interrogato su come stiamo vivendo i sentimenti, le emozioni. Noi adulti, la generazione produttiva, viviamo una sorta di eterno presente e siamo schiacciati da un meccanismo che fa si che tutte le cose importanti della vita passino in secondo piano. Durante la pandemia per esempio i bambini e gli anziani li abbiamo parcheggiati in casa per i mille pericoli che c’erano. E chiusi in casa nonostante tutte le difficoltà che hanno avuto, hanno dato una continuità affettiva alle nostre vite, mentre noi come i criceti nella ruota continuavamo a produrre qualcosa che non sapevamo nemmeno bene cosa significasse. Raccontare una storia apparentemente semplice come quella tra un nonno e una nipote oggi, secondo me, assume un significato molto forte proprio perché vengono considerate persone improduttive. In realtà sono le persone che come antenne sensibili assorbono le tensioni presenti nella nostra società”.

Orlando ci permette di sperimentare la vita anche in tarda età: fino all’ultimo respiro abbiamo un futuro. E lui ha questa caratteristica: è in grado di affrontare una nuova vita, un futuro a 75 anni. Il film è dedicato ad Ettore Scola con il quale Vicari aveva stretto una bella amicizia.

“Negli ultimi 10 anni di vita di Ettore siamo diventati molto amici, insieme ad altri abbiamo realizzato una scuola pubblica e gratuita (lui ci teneva moltissimo che fosse tale). Abbiamo iniziato uno scambio che ritengo una grande fortuna, perché mi ha arricchito tantissimo. E quando ho finito Orlando ho pensato di dedicarlo a lui perché spesso ci siamo interrotti su quale tipologia di cinema stessimo facendo, sul perché noi cineasti italiani il paese non lo stiamo raccontando veramente; perché siamo un po’ ripiegati su noi stessi dal punto di vista proprio della ricerca del fatto cinematografico. Penso che ‘Orlando’ sia una parziale risposta ad alcune delle domande che ci facevamo. Per cui ho trovato che fosse il film giusto da dedicargli, in ricordo delle grandi chiacchiere che facevamo sul cinema, che è la grande passione della nostra vita”.

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