È la vita di Marco Carrera – tra coincidenze, perdite e amori assoluti – ad aprire la Festa del Cinema di Roma. Il Colibrì, diretto da Francesca Archibugi (e già apprezzatissimo nelle sale), ha infatti riempito le aree dell’Auditorium nel primo giorno di festa con il suo ricco cast. E con la storia pregna di ricordi di Carrera, interpretato da Pierfrancesco Favino.
«Già quando avevo letto il romanzo, ero rimasto molto colpito dalla vicenda di quest’uomo. – ci dice Favino, riferendosi al romanzo (vincitore del Premio Strega nel 2020) di Sandro Veronesi – C’erano cose che evidentemente mi risuonavano dentro. Mi piace molto la storia di un uomo che in qualche modo cerca di ricucire i pezzi del suo amore perduto. Non solo per una donna, ma per ciò che avrebbe potuto essere. Mi piace la sua tenacia, sempre positivamente si rialza e si occupa degli altri. È un bel modello di uomo e sono molto felice di averlo incontrato».
Il punto di vista della Archibugi è invece chiaramente quello di chi si posiziona dietro la macchina da presa.
«Il libro è una specie di summa di tutti i temi che ho affrontato nel corso mia vita di regista. – dice la regista – Il romanzo è mirabile, è di grande profondità e condotto narrativamente in modo affascinante, con questi salti temporali. Io l’ho sentito molto mio, personale, come se l’avessi scritto io. Solo che l’ha scritto Sandro e l’ha scritto molto meglio di me».
Pierfrancesco Favino e Francesca Archibugi: Roma e il cinema
Incontriamo il cast de Il Colibrì sul red carpet, all’ombra dell’edificio progettato da Renzo Piano. Impossibile non chiedersi e non chiedere quale filo invisibile leghi la Capitale al cinema.
«È proprio una festa. – ci risponde la Archibugi – Sarebbe bello che la gente uscisse sempre più di casa, andasse al cinema e ai concerti. Questo è un posto che apre le braccia a tutti i romani, costruito e progettato da Renzo Piano. Mi piacerebbe che diventasse un polo culturale, ancora più vivo di quello che è».
Per Favino, questo è però «un momento di ricostruzione di fiducia, che passa attraverso la capacità di fare storie che valga la pena raccontare».
«Ma serve anche fiducia da parte del pubblico – conclude – che dobbiamo guadagnarci e che in qualche caso ci viene tolta immeritatamente».
Foto: Fosforo